Jessie White Mario
apr-giu 2011
Temo che solo in pochi abbiano sentito parlare di Jessie White , certo non
per pigrizia o ignoranza, ma a causa delle pesante sottovalutazione
dell’importanza delle presenze femminili nel nostro Risorgimento.
Invece nella sua vita, relativamente lunga, questa donna ha attraversato tutta la seconda metà del diciannovesimo secolo, confrontandosi con i principali esponenti della politica italiana del periodo, impegnandosi attivamente sul campo durante la giovinezza e partecipando poi, per tutto il corso della sua esistenza, al dibattito politico con articoli, conferenze e libri.
Era nata in Inghilterra nel 1832, in una cittadina affacciata sulla Manica, da una famiglia borghese benestante. Suo padre faceva l’armatore e Jessie amava il mare e le barche.
Nel 1860 il piroscafo Washington, su cui era imbarcata insieme al marito Alberto Mario, per raggiungere Garibaldi appena sbarcato in Sicilia, all’altezza delle bocche di Bonifacio incappò in un temporale, una buriana assai comune in quelle acque. Portava a bordo centinaia di giovani, l’intero corpo di spedizione del generale Medici, e quasi tutti soffrirono il mare e un po’ per la paura un po’ per il rollio. Galantemente un ufficiale le si avvicinò per rassicurarla e ottenne da lei questa risposta: Grazie, ma sono così poco indisposta che mi piacerebbe giocare una partita a scacchi con voi.
Gli scacchi, un interesse che coltivò a lungo, un gioco in genere più amato dagli uomini che dalle donne ma, nonostante l’aspetto femminile, i lunghi capelli rossi e il sorriso smagliante Jessie condivideva molte passioni maschili, quella per la politica prima fra tutte.
Aveva iniziato presto, quando a vent’anni si era trasferita a Parigi, dopo aver strappato il consenso e un piccolo contributo per le spese al suo generoso papà.
I due anni trascorsi in Francia furono fondamentali per la formazione della ragazzina di provincia, a contatto con intellettuali, giornalisti e scrittori.
È allora che Jessie scopre la passione la passione per la scrittura che non l’abbandonerà più, intuendo che il giornalismo potrà essere il lavoro della sua vita.
In quei mesi si inserisce nel gruppo degli inglesi all’estero per il gran tour, conosce i coniugi Browning e soprattutto diventa amica di Emma Roberts, una donna ricca e affascinante, legata sentimentalmente a Garibaldi. Nonostante la differenza di età familiarizzano presto e Jessie é ben felice di accettarne la proposta di accompagnarla in Italia a far visita al Generale.
La loro prima tappa é dunque Nizza e Jessie non sta nella pelle all’idea di conoscere finalmente l’uomo che in quegli anni ha conquistato il cuore di tutti i liberali europei. Nonostante una piccola iniziale delusione( lui è più vecchio del previsto, meno alto, meno biondo, meno bello) l’incontro si rivelerà poi all’altezza delle aspettative e nel giro di pochi giorni lei sarà sedotta dal calore umano, dalla generosità e dall’idealismo dell’uomo.
Sarà un amore platonico, in buona parte ricambiato, che durerà per tutta la vita.
Quando dopo aver fatto tappa a Caprera e poi a Firenze e Roma, Jessie torna in Inghilterra ha le idee chiare sul proprio futuro. Studierà medicina per poter assistere i feriti in guerra, come medico se le sarà possibile o almeno come infermiera, e si batterà con i suoi articoli sostenendo la causa dell’Italia.
Londra é in quegli anni un crocevia in cui si incontrano fuoriusciti di ogni causa e nazionalità. È una città in cui quartieri che albergano una miseria estrema si alternano a oasi di lusso, una città di contrasti in cui però si respira un’aria di libertà inconcepibile altrove.
A Londra Jessie conosce Mazzini, incontro fondamentale nella sua vita, ancor più di quello con Garibaldi
Mazzini ci vive dal 1837. Ormai, dice, si sente un po’ inglese. Al contrario molti inglesi si sentono un po’ italiani. Ben otto su nove primi ministri inglesi di quei decenni parlano italiano. Anche Jessie lo studia ed é presto in grado di farsi capire.
La prima visita nell’appartamento di Cedar Road scatena in lei emozioni profonde; il Maestro, l’Apostolo la conquista completamente. Da allora sarà a totale disposizione della causa italiana con scritti e conferenze.
Inizia così, a 24 anni, la prima fase della vita pubblica di Jessie, quella dell’impegno politico attivo e della solidarietà militante che la porteranno a girare in lungo e in largo prima l’Inghilterra, poi addirittura gli Stati Uniti.
Sul Daily News, il quotidiano liberal fondato da Dickens, pubblica alla fine del 1856 ben 9 articoli, tutti sotto il titolo di “Italy for italians”.
Seguono poi le raccolte di fondi, gli incontri, le letture, gli appelli a favore dei patrioti italiani, sostenuta e spronata da Mazzini, che la chiama affettuosamente la sua Bianca.
Nella primavera dell’anno successivo, Mazzini clandestinamente rientra a Genova. Si sta preparando la spedizione di Pisacane, alla quale si sarebbero dovute affiancare due insurrezioni, a Livorno e a Genova.
Bianca é con lui in quello che sarà il viaggio determinante della sua vita. È il maestro stesso a presentarle Alberto Mario e l’amore tra i due sboccia immediato.
Si sposano in Inghilterra, dove rimarranno nei due anni successivi, scrivendo articoli per vari giornali, ma soprattutto lavorando per raccogliere fondi per la causa italiana, in un vortice di incontri riunioni, conferenze e cene in cui Jessie si spende generosamente a favore del suo amato Mazzini.
Il rientro in Italia, nella primavera del 1860, sancirà una scelta definitiva; pur con continui andirivieni, l’Italia sarà per entrambi la dimora privilegiata, il focolare domestico a cui far ritorno dopo ogni avventura, prima a Lendinara e poi a Firenze.
L’occasione la fornisce loro Garibaldi.
Quando li raggiunge la notizia che il Generale sta imbarcando uomini e viveri su due grossi vapori nel porto di Genova, sono a Lugano, dove Alberto dirige Pensiero e Azione, un giornale mazziniano. Vicino a loro vive Cattaneo, il grande intellettuale milanese per cui provano una stima profonda, anche lui esule, anche lui sposato con una inglese.
Nonostante il desiderio di unirsi al più presto ai volontari in partenza per la Sicilia li spinga a far presto, raggiungono Genova solo dopo la partenza dei Mille e devono attendere qualche settimana per poi imbarcarsi sulla Washington, comandata dal Generale Medici che guida il secondo corpo di spedizione di garibaldini in Sicilia.
A metà giugno sbarcano a Castellamare ed inizia da lì la loro avventura. Ricongiuntesi presto a Garibaldi, Alberto entra a far parte dello stato maggiore, mentre Jessie mette a frutto i suoi studi di medicina per coadiuvare il colonnello Bertani nella organizzazione della sanità militare.
Agostino Bertani entra così nella sua vita e vi resterà fino alla morte. Accanto a lui Jessie si impegnerà in prima linea, curando e confortando i feriti, scrivendo lettere alle madri nei rari momenti di pausa, in ben 4 campagne militari: nel ’60 la spedizione dei Mille, nel ’66 la III guerra d’Indipendenza (la sua ambulanza è l’ultimo veicolo a lasciare il Trentino, passa il confine dopo l’ultimo soldato), nel 67 è a Mentana e nel ’70 in Francia. Nonostante Alberto la sconsigli fortemente e si astenga dal partecipare Jessie non ha cuore di negarsi al vecchio generale ormai malato e lo segue in quella che sarà la sua ultima impresa, forse la più generosa, la partecipazione alla guerra franco- prussiana.
Qualche mese dopo c’è la presa di Roma, l’unificazione del paese è ormai quasi conclusa.
È l’ora di tirare le somme, ma per i patrioti, ahimè si tratta di un amaro consuntivo. A fatica molti di loro si sono piegati per amor di patria a prestare giuramento a Vittorio Emanuele, non tutti, però, non Cattaneo che se ne rimane nel suo esilio di Lugano, non l’anarchico Cipriani, alfiere di mille cause perse sempre in giro per il mondo, che pur eletti deputati più volte a furor di popolo si rifiutano di entrare nell’aula parlamentare.
Anche i coniugi Mario assistono delusi agli sviluppi della situazione politica. Jessie torna a dedicarsi al tempo pieno al giornalismo, la professione che ama e in cui da il meglio di sé. Il tempo della lotta armata è finito, ora l’azione deve essere un’altra: fatta l’Italia è giunto il tempo della denuncia di tutti i mali che ancora la tormentano. È il momento delle grandi inchieste, il momento in cui tocca agli intellettuali militanti come loro di scuotere le coscienze, di comunicare ai lettori che troppo ancora nel paese non funziona, che troppa corruzione, troppa miseria infestano il nostro territorio.
Nel 1875 Pasquale Villari pubblica le sue Lettere Meridionali; lui è un moderato un monarchico convinto, ma è un uomo onesto e intelligente. La sua denuncia dei mali del sud è la prima attenta e puntuale inchiesta meridionalista. Jessie è invece un’ardente repubblicana, ma nonostante le diverse posizioni ideologiche si comprenderanno subito. Qualche anno dopo Villari scriverà in proposito: Tutti gli onesti appartengono a un solo partito.
Nel ’76 Jessie decide quindi di tornare a Napoli, forte delle lettere di presentazione del Villari che le apriranno molte porte, per una serie di articoli che poi riunirà in un libro dal titolo illuminante: La miseria in Napoli.
Per un mese intero gira la città a piedi, conversa con ciabattini e carbonai, facchini e materassai, mendicanti e puttane, pizzaioli e maruzzari, acquaioli e carnacottari, Constata subito l’abisso che divide i Galantuomini dai Lazzaroni, ma ciò che la sconvolge é la scoperta di un mondo sotterraneo che va oltre ogni immaginazione. Non si tira indietro. Percorre vicoli bui e maleodoranti, visita sottoscale pericolanti e luridi cortili, tuguri fatiscenti e grotte dove vivono ammassate centinaia di persone. Tifo e colera sono endemici, la prostituzione dilaga anche e soprattutto fra le adolescenti; Jessie lo denuncia senza falsi pudori e trova anche la forza di visitare lo spaventoso sifilocomio, la scuola per sordomuti, l’ospedale per gli incurabili. ( nomi che parlano da soli...). La visita di questo girone infernale termina con l’ultimo orrore, il brefotrofio.
Io vivo qui tra la miseria, tra i fondaci, le grotte, i sotterranei. Mai, mai ,nemmeno a Londra ho visto tanta miseria.
Intanto scrive anche su giornali stranieri, il New Jork Herald, il Nation e alterna articoli di sapore più lieve, quali quelli sull’inaugurazione della galleria del Gottardo, o lo sviluppo dell’industria vinicola a Marsala, alle inchieste socialmente impegnate che predilige.
Visita i bagni penali, le carceri di sicurezza e ne denuncia i trattamenti inumani, come le miserabili condizioni dei carusi nelle zolfatare siciliane o dei braccianti abbandonati nel fondo delle campagne infestate dalla pellagra.
Cosa davvero insolita per una donna dei suoi tempi viaggia da sola, percorrendo l’Italia in lungo e in largo per documentarsi di persona per i suoi articoli.
Eppure le resta sempre più difficile lasciare solo Alberto, le cui condizioni di salute si stanno aggravando. Un cancro alla bocca lo tormenta da tempo. È una malattia dolorosa, lenta e inesorabile della cui gravità la moglie e gli amici cercano di tenerlo all’oscuro. Per ben 9 volte Agostino Bertani, il miglior chirurgo d’allora interverrà per ridurlo, rallentandone la fine, che lo coglierà comunque nel 1883, a 57 anni.
A Bertani, Jessie dedicherà qualche anno dopo due libri, una Raccolta di scritti e discorsi, e la bella biografia Agostino Bertani e i suoi tempi. Opportuno omaggio a uno degli uomini migliori, ma meno conosciuti, del nostro Risorgimento.
Ormai in rapida successione tutti gli amici, i protagonisti del secolo, se ne stanno andando. Mazzini, Garibaldi, nell’86 Bertani ( come è difficile questo distacco!), nel ’90 Aurelio Saffi. Ormai sono rimasti in pochi, gli amici della sua giovinezza. Nel 1891 Jessie si confida con Crispi:
È duro sopravvivere a tutto e a tutti. Cerco d’ingannare il dolore con questi studi che forse non riusciranno del tutto inutili.
Eppure ha solo 59 anni ed ancora per altri 15 vivrà da sola nella sua casetta di Firenze, continuando sino alla fine a lavorare .