Marina Cvetaeva - Il racconto di mia madre
23/dicembre/2013
Via del vento Edizioni,
Pistoia
[Luciana Tufani Editrice - Leggere Donna (n. 162) - gen-feb-mar 2014]
In questo piccolo libro delle Edizioni Via col vento sono raccolti due racconti della poetessa russa Marina Cvetaeva, Il racconto di mia madre e Il fidanzato, scritti a metà degli anni ’30 in francese e pubblicati sul quotidiano parigino Les dernières nouvelles.
Risalgono agli anni trascorsi in Francia dalla Cvetaeva, che nel corso della sua breve e avventurosa esistenza conobbe lunghi periodi di esilio alternati a tragici rientri in Russia, la sua terra di origine sconvolta dagli eventi della rivoluzione e dello stalinismo.
Precoce nella vita e nella produzione letteraria, Marina apparve subito come una delle voci più sensibili e originali nel movimento simbolista, unendo nell’uso della lingua a una sintetica classicità il gusto per le metafore ardite e sconcertanti. Inizialmente il suo stile risente dell’influenza di Majakovskij, poi pian piano si riavvicina ai grandi classici della cultura russa, Puskin in particolare, accostandosi quindi allo stile di Pasternak, secondo alcuni critici addirittura superandolo.
Costretta per tutta la vita ad affrontare miseria e solitudine, per mantenere se stessa e i figli accettò ogni genere di lavoro, anche pesante, togliendo così tempo ed energie alla produzione poetica.
Durante l’esilio parigino scrisse diversi racconti per riviste e giornali, forse più per guadagnare qualcosa che per una reale spontanea ispirazione. La sua vena profonda era poetica, non narrativa, ma il risultato fu ugualmente eccellente; i racconti sono infatti dei piccoli capolavori, scritti di getto in uno stile che è insieme poetico e colloquiale, ricchi di brillanti dialoghi inframezzati da notazioni argute e da brevi digressioni psicologiche.
Nel primo, Il racconto di mia madre, Marina affronta il tema del rapporto tra madre e figlie, inoltrandosi con apparente leggerezza nel difficile territorio degli affetti familiari, delle gelosie tra sorelle, della difficoltà materna di destreggiarsi equamente tra loro. Nel secondo, Il fidanzato, l’argomento viene ripreso, attraverso la narrazione di alcuni episodi legati alla adolescenza dell’autrice e della sorella Asja. Si tratta quindi di scritti di contenuto in gran parte autobiografico, in cui tema della memoria si inserisce nella narrazione. Il ritorno nell’immaginazione a un periodo sereno della vita, dà a questi racconti un sapore lieve che è piuttosto insolito nella produzione della Cvetaeva, in genere dominata da toni più cupi e dal dissidio di conciliare la creazione letteraria con le difficoltà e le sofferenze del suo vissuto quotidiano.
Pistoia
[Luciana Tufani Editrice - Leggere Donna (n. 162) - gen-feb-mar 2014]
In questo piccolo libro delle Edizioni Via col vento sono raccolti due racconti della poetessa russa Marina Cvetaeva, Il racconto di mia madre e Il fidanzato, scritti a metà degli anni ’30 in francese e pubblicati sul quotidiano parigino Les dernières nouvelles.
Risalgono agli anni trascorsi in Francia dalla Cvetaeva, che nel corso della sua breve e avventurosa esistenza conobbe lunghi periodi di esilio alternati a tragici rientri in Russia, la sua terra di origine sconvolta dagli eventi della rivoluzione e dello stalinismo.
Precoce nella vita e nella produzione letteraria, Marina apparve subito come una delle voci più sensibili e originali nel movimento simbolista, unendo nell’uso della lingua a una sintetica classicità il gusto per le metafore ardite e sconcertanti. Inizialmente il suo stile risente dell’influenza di Majakovskij, poi pian piano si riavvicina ai grandi classici della cultura russa, Puskin in particolare, accostandosi quindi allo stile di Pasternak, secondo alcuni critici addirittura superandolo.
Costretta per tutta la vita ad affrontare miseria e solitudine, per mantenere se stessa e i figli accettò ogni genere di lavoro, anche pesante, togliendo così tempo ed energie alla produzione poetica.
Durante l’esilio parigino scrisse diversi racconti per riviste e giornali, forse più per guadagnare qualcosa che per una reale spontanea ispirazione. La sua vena profonda era poetica, non narrativa, ma il risultato fu ugualmente eccellente; i racconti sono infatti dei piccoli capolavori, scritti di getto in uno stile che è insieme poetico e colloquiale, ricchi di brillanti dialoghi inframezzati da notazioni argute e da brevi digressioni psicologiche.
Nel primo, Il racconto di mia madre, Marina affronta il tema del rapporto tra madre e figlie, inoltrandosi con apparente leggerezza nel difficile territorio degli affetti familiari, delle gelosie tra sorelle, della difficoltà materna di destreggiarsi equamente tra loro. Nel secondo, Il fidanzato, l’argomento viene ripreso, attraverso la narrazione di alcuni episodi legati alla adolescenza dell’autrice e della sorella Asja. Si tratta quindi di scritti di contenuto in gran parte autobiografico, in cui tema della memoria si inserisce nella narrazione. Il ritorno nell’immaginazione a un periodo sereno della vita, dà a questi racconti un sapore lieve che è piuttosto insolito nella produzione della Cvetaeva, in genere dominata da toni più cupi e dal dissidio di conciliare la creazione letteraria con le difficoltà e le sofferenze del suo vissuto quotidiano.