Paola Galli, Storie di donne Rom

Storie di donne rom
Luciana Tufani editrice, Ferrara 2011

Recensione: Luciana Tufani Editrice - Leggere Donna (n. 153)
ott-dic 2011


E’ con piacere che torno a segnalare un libro che affronta l’argomento “Rom”. Infatti è appena uscito, per le edizioni Tufani, un volumetto scritto da Paola Galli che descrive una interessante esperienza d’integrazione e di lavoro che ha coinvolto le donne della comunità del campo del Poderaccio, alla periferia di Firenze.
Da parecchi anni la Galli lavora come volontaria in quel contesto ed è stata tra le fondatrici della Kimeta, laboratorio di cucito e stireria nato col sostegno suo e di altre volontarie che nei primi tempi hanno istruito e accompagnato nel lavoro diverse donne Rom. Ora il negozio è autonomo, va avanti bene e ha nel quartiere una propria clientela fidelizzata, ma da quella esperienza di collaborazione e amicizia tra persone di estrazione così diversa è nato questo piccolo libro.
Si tratta di una raccolta di interviste su un campione di donne provenienti quasi tutte dalla ex-Jugoslavia, quasi tutte mussulmane, anche se poco praticanti.
Il sincretismo culturale, nato dal desiderio di assimilazione espresso soprattutto dalle più giovani è il dato che emerge subito con evidenza. Le ragazze desiderano essere il più possibile simili alle coetanee fiorentine e se le vecchie regole tribali vengono ancora in parte rispettate, nella morale sessuale e nelle scelte matrimoniali, legate a decisioni degli anziani, dai racconti riportati si ha la netta impressione di essere ormai a un bivio. L’aspirazione ad omologarsi all’ambiente circostante, il desiderio di uno stile di vita simile a quello che le circonda mettono in secondo piano le antiche tradizioni e abitudini zingare. Che fine farà questa gente, privata della propria cultura, persa nel mondo globalizzato senza strumenti idonei per affrontarlo?
In un capitolo dal titolo esplicito “ Da emarginati a consumatori” si accenna alla gravità del problema, ma su questo quesito ci sarebbe da soffermarsi a lungo. Infatti i canali per i quali i Rom provenienti dall’Europa dell’est cercano di entrare nella nostra società sono senza dubbio i peggiori: delinquenza, spaccio, traffici illeciti.
La Galli ha però deciso di privilegiare, in questa indagine, l’aspetto socio-antropologico dell’argomento, soffermandosi sull’intimità delle sue intervistate, sulle loro scelte sentimentali e di lavoro, informandosi con particolare interesse sui rapporti tra i sessi all’interno della famiglia e indagando sulla delicata condizione femminile in un contesto ancora fortemente maschilista.
Dalla sua ricerca emerge un microcosmo femminile proiettato, pur con inevitabili incertezze, verso un futuro di integrazione e di emancipazione da legami familiari spesso gravi e oppressivi. Un quadro quindi nel complesso positivo. Auguriamoci solo che il tradizionale buon senso femminile riesca a trainare anche gli uomini, grandi assenti in questa inchiesta, ma dai quali non si può prescindere valutando le condizioni di vita e di sviluppo di un gruppo umano.
La scelta e la trascrizione delle interviste ci aprono una finestra illuminante sul variegato mondo dei Rom arrivati negli ultimi anni nel nostro paese. Gente che erroneamente consideriamo nomadi, ma che sono invece in maggioranza profughi fuggiti dalle guerre nei Balcani, o cacciati dalla miseria e dalla perdita dei lavori e dell’identità tradizionale in ambienti che richiedono ben diverse competenze. Forse solo passando attraverso la voglia di riscatto delle donne e la scolarizzazione dei bambini sarebbe possibile avviare un loro concreto inserimento nella nostra società, ma di questi tempi la strada da percorrere mi sembra lunga e irta di difficoltà.