F. Kretzen - Io sono una collina

Io sono una collina
traduzione di Emanuela Cavallaro, pp.137
Tufani editrice, Ferrara, 2010


Tra il 1998 e il 2002, Friederike Kretzen ha scritto una piccola trilogia di cui le edizioni Tufani hanno finora pubblicato in italiano, tradotti da E. Cavallaro, i primi due volumi, Parole con la gambe nel 2005 e Io sono una collina nel febbraio 2010.
Sono libri di poco più di cento pagine, scritti nella forma asciutta ma immaginifica tipica delle nuove scrittrici di lingua tedesca; si pensi alla Muller ed alla Ryser solo per citarne alcune. È uno stile ricco di metafore e di riferimenti letterari, colto ed elaborato nella sua apparente sinteticità, per cui la lettura richiede inizialmente concentrazione ma poi il lettore attento viene pienamente ricompensato della propria perseveranza.
L’autrice ci descrive l’educazione familiare, sentimentale e politica di una ragazzina seguendola con sensibile attenzione nelle fasi fondamentali per lo sviluppo di un individuo, l’infanzia, l’adolescenza e la giovinezza.
Nel primo volume si raccontano le difficoltà di una bambina nel rapportarsi con il mondo esterno, mentre si batte per acquisire contemporaneamente la coscienza di sé e la padronanza di quello strumento fondamentale nelle relazioni umane che è la lingua, parlata e scritta.
Nel secondo i temi affrontati sono invece quelli della socializzazione e dell’accettazione del proprio corpo, nel delicato momento della pubertà femminile.
Cosa si agita nel cuore di una ragazzina di quattordici anni? Come vede se stessa, gli adulti, gli altri ragazzi?
“La mia faccia è troppo rotonda. Sulle foto che esistono di me, ma anche allo specchio, non riesco a vedere i miei occhi come occhi. Quando guardo non riesco a vedere quella che mi vede guardare. E così guardo solo ma non ricambio lo sguardo.
Che persona estranea e impertinente vedo lì che si mette al mio posto!”
L’estraneità del corpo che improvvisamente cambia, che diventa sempre più ingombrante e invasivo, il raffronto con le compagne che sono invariabilmente più belle e interessanti ai occhi dei ragazzi e le incomprensioni con genitori e insegnanti vengono rappresentati con realismo e finezza psicologica.
“Mia madre è una montagna e lo è anche mio padre. Loro amano le stelle, solo diverse... Io non so cosa sono, ma voglio andarmene e non appartenere più alle montagne. Mi ero messa in testa di diventare una collina e volevo proprio impararlo.”
La protagonista adolescente si muove tra le pareti della sua casa modesta, nelle aule di una scuola femminile, per le strade di un sobborgo proletario di Colonia in cui alle abitazioni popolari si alternano spazi ancora verdi, prati di periferia che annunciano le colline in lontananza.
Siamo nel 1970 e il boom economico è agli inizi. Il racconto, in parte ovviamente autobiografico, si svolge a Leverkusen, città natale della Kretzen, dove quasi tutti lavorano alla Bayer. Colonia si sta espandendo a macchia d’olio assorbendo uno alla volta i sobborghi vicini, ma ancora in molte zone i danni della guerra non sono stati riparati, certamente non nella mente e nel corpo di chi l’ha vissuta: il direttore della scuola femminile ha una mano di cuoio a sostituire quella persa in guerra, il padre della ragazzina è in sanatorio con un solo malandato polmone.
Ancora su tutto il paese aleggia il fantasma di un recente passato. Tradizionalisti, patriarcali e fondamentalmente reazionari, gli adulti si scontrano con la nuova generazione che si proietta verso un diverso futuro, una visione della vita e della politica diametralmente opposta.
Quello che fu il grande dilemma tedesco del dopoguerra, almeno fino alla fine degli anni ’80, finché furono in vita e in attività tanti di quelli che attivi o passivi avevano comunque accettato il nazismo, è ben rappresentato con piccole notazioni o accenni solo apparentemente lievi: “ E fino ad allora ci rechiamo nell’Eifel percorrendo strade di cui ognuno dice ogni volta, queste le ha fatte Hitler, e in questo modo ha tolto la gente da in mezzo a una strada.”
Nelle coscienze di molti giovani però in quei primi anni ’70 qualcosa si sta muovendo, nonostante vengano educati da genitori reticenti e da insegnanti che non parlano mai di storia, e “solo in tedesco arriviamo alla guerra dei trent’anni, perchè facciamo Madre Coraggio”.
Soprattutto nel mondo esterno alla scuola si organizzano nuovi punti di aggregazione giovanile, centri sociali, collettivi, gruppi musicali, di meditazione, di yoga. Frequentandoli la nostra fanciulla in fiore si apre alla vita e a più ricche esperienze, ma il seguito di questa storia è stato consegnato ad un altro libro, che attendiamo quindi con fiducia. (A quando l’uscita del terzo volume dal promettente titolo di
Ubungen zu einem Aufstand ovvero, nel mio tedesco maccheronico, Prove per una rivoluzione ?)