G. Galeotti - Storia del voto alle donne in Italia
Editore: Biblink, Roma, 2006
Recensione:
Luciana Tufani Editrice Leggere Donna (n. 132)
gennaio-febbraio 2008
“… Gli uomini votarono per Nettuno, le donne per Minerva e per la maggioranza di un voto femminile, prevalse la seconda provocando l’ira di Nettuno che devastò la pianura con i flutti del mare. Per placarne il furore gli Ateniesi inflissero alle donne una triplice punizione, privandole del diritto di voto, di trasmettere il loro nome ai nascituri e di essere chiamate Ateniesi.”
Con questa raffinata citazione dalla Città di Dio di Agostino, inizia il bel libro in cui Giulia Galeotti, giovane ricercatrice dell’Università di Roma, racconta più di mezzo secolo di vicissitudini che portarono le donne italiane alla conquista del voto.
La brillantezza dello stile, vivace ma misurato, con cui vengono esposti argomenti impegnativi, altre volte trattati con minore levità, è ciò che subito colpisce in questo che è, comunque, un libro di storia, frutto di accurate ricerche e scientificamente documentato.
La prima parte del volume descrive il periodo iniziale delle lotte per la conquista del voto, dalla fine dell’ottocento alle origini del fascismo: il suffragismo, le prime associazioni femminili, che si svilupparono prevalentemente a Roma e Milano, ad opera di donne del livello di Anna Maria Mozzoni e di Anna Kuliscioff e le battaglie per ottenere accanto ai diritti politici quelli civili, quali la parità salariale, l’accesso alle professioni, i sussidi per la maternità.
Con acutezza l’autrice esamina poi la lunga lista dei pregiudizi maschili, partendo dall’alibi della specificità femminile in nome della quale “a tutela delle tipiche virtù della donna” si riteneva opportuno escluderla dalla sfera pubblica, seguito poi dalla paura dell’astensionismo e dell’influenzabilità che le avrebbe rese succubi di mariti e confessori (tesi sostenuta dallo stesso Turati, socialista ma maschio, in una nota querelle con la sua compagna A. Kouliscioff ).
Il fascismo segnò una lunga pausa nell’attenzione al tema del voto, negato salomonicamente per un ventennio ad entrambi i sessi. Fu un intervallo che, oltre alle ben note gravissime conseguenze per il nostro paese in politica estera ed interna, ebbe anche quella di staccare le italiane dal processo di graduale inserimento nella vita pubblica che interessò in quegli anni le donne dei paesi democratici.
Nella seconda parte del libro, la più ampia ed originale, Giulia descrive poi le condizioni in cui operarono la italiane nella Resistenza, nell’immediato dopoguerra e nel 1946, quando ottennero insieme il suffragio politico ed amministrativo, con diritto di voto attivo e passivo. Su quest’ultimo punto l’autrice si sofferma con particolare attenzione, sostenendo che nelle nazioni in cui il suffragio venne introdotto iniziando da alcune categorie di donne, più acculturate e che pagavano le tasse (come del resto avveniva per gli uomini) e concedendo in genere prima solo quello attivo e/o amministrativo, il loro inserimento fu in complesso tranquillo e ben accetto, poiché c’era stato nella opinione pubblica maggior tempo per abituarsi all’idea.
In Italia invece, a suo parere, il fatto che le donne ottenessero il voto senza nessuna gradualità, favorì il protrarsi nel tempo degli antichi pregiudizi, che nel nostro paese sono ancora assai diffusi, primo fra tutti quello che le donne in politica sono portavoce solo degli interessi del proprio sesso. Non a caso ancora oggi alle poche donne ministro vengono in genere assegnati dicasteri legati all’ambito educativo-assistenziale considerato il più consono alla “natura” femminile.
La partecipazione delle donne alla vita politica ed in alcuni casi anche alla lotta armata, nel decisivo biennio 1945-6, culminò nella ormai improrogabile decisione del decreto Bonomi che concedeva loro il diritto di voto.
Le elezioni amministrative della primavera del ’46, seguite da quelle del 2 giugno videro una massiccia partecipazione femminile ma un esiguo drappello di elette. Tuttora del resto l’Italia è agli ultimi posti in Europa per la presenza di donne in parlamento; ci sarebbe quindi da domandarci perché noi diamo così poca fiducia alle rappresentanti del nostro sesso.
Le pagine che descrivono l’ingresso di queste donne a Montecitorio sono le più gustose del libro; Giulia le cita quasi tutte e di ognuna ci regala un piccolo ritratto poiché “meritano di diventare memoria collettiva”.
Attingendo non solo a documenti ufficiali, ma anche a giornali, periodici, corrispondenze dell’epoca, l’autrice riesce a ricreare l’atmosfera dei primi comizi del dopoguerra, le emozioni del voto, il primo giorno delle neo elette in Parlamento, persino gli abiti scelti da alcune di loro per questa importante “iniziazione”.
Un’accurata ricostruzione sociologica, non solo storica, alleggerisce infatti molte parti di questo lavoro, preciso ed approfondito che ha già ricevuto numerosi riconoscimenti tra cui ultimamente il premio A. Rosselli per l’editoria laziale.
La Biblink, che ha pubblicato il volume, con il contributo dell’Università degli Studi di Roma, è una casa editrice on line, che permette al lettore di fruire dei testi nella forma virtuale, ma anche di riceverli nella veste tradizionale su carta, metodo assai indicato per distribuire saggi e strumenti di ricerca.