Elsa Ferrante - L'amica geniale
25/marzo/2012
edizioni E/O, Roma, 2011, pp.400, euro 18,00
Dopo diversi libri di successo, tra cui L’amore molesto e I giorni dell’abbandono, dai quali sono stati tratti film di notevole interesse, torna a noi Elena Ferrante con un nuovo romanzo, L’amica geniale.
Ma chi è dunque questa autrice che da circa vent’anni scrive sotto pseudonimo delle belle storie di donne, ambientate prevalentemente a Napoli? Molte sono le ipotesi finora avanzate, diversi i nomi suggeriti, ma senza un reale riscontro. Fatta salva l’origine partenopea, che la conoscenza del dialetto e dell’ambiente evidenziano chiaramente, si è anche pensato che si trattasse di un uomo sotto mentite spoglie; Domenico Starnone o Goffredo Fofi, i nomi più accreditati.
Se fossi io a dover fare un’identikit sosterrei però l’identità femminile; posso sbagliarmi, ma secondo me si tratta di una donna sulla sessantina, cresciuta a Napoli, ma vissuta poi altrove. Forse, invece di Starnone, sua moglie Anita Raja corrisponderebbe meglio al profilo tracciato.
Chiunque sia la misteriosa scrittrice che si nasconde dietro il nome di Elena Ferrante, ciò che conta davvero però è il risultato del suo lavoro, come lei stessa dichiarò in una vecchia intervista: “ Pubblica è l’opera; lì c’é tutto quello che abbiamo da dire. Oggi a chi importa veramente della persona che l’ha scritta? L’essenziale è il lavoro fatto.”
La trama di questo libro è semplice, ma si dipana lentamente, arricchita dalla presenza di numerosi personaggi minori, ritratti e seguiti con cura nel fluire del tempo.
Siamo a Napoli, ai primi anni ’50, in un rione periferico e popolare, lontano anni luce dai negozi eleganti di via Toledo e dal traffico di Chiaia. Si vive come in un paese, dove tutti si conoscono a da cui si esce solo in casi eccezionali, ma anche lì qualcosa si sta muovendo: la ricostruzione del dopoguerra stimola affari e commerci, il boom economico è alle porte e i più furbi sono pronti ad approfittarne.
In questo ambiente crescono Elena e Lila, unite da un’amicizia destinata a durare tutta la vita.
L’autrice ce le presenta bambine e le segue per tutta l’adolescenza fino ai sedici anni, quando il romanzo s’interrompe per darci appuntamento tra qualche mese, con la seconda puntata di questa saga che si preannuncia lunga.
Elena, voce narrante del libro, inizia a raccontare partendo dai giorni di scuola, quando la sua amica Lena brillava per intuito e capacità di apprendimento. Ci descrive il mondo chiuso dei bimbi di borgata, l’ambiente esterno dominato da figure maschili spesso ostili e violente, la mentalità ristretta e bigotta che vige nelle famiglie. Parla di un luogo difficile, in cui si sta diffondendo un malcostume sordido e crudele. È la camorra, che non viene però mai indicata col suo vero nome (perchè? mi viene da chiedere all’autrice). Eppure esistono legami famigliari e di amicizia che in certi casi aiutano a uscire dal ghetto e a trovare strade alternative.
Lo studio è la via più sicura da seguire e sarà quella scelta da Elena per lasciare il quartiere. L’anticonformista Lila invece ripiegherà su un matrimonio precoce che sembra agli antipodi del suo stile di vita. Almeno per il momento... perchè da alcuni brani del romanzo si può già intuire che in futuro ci attendono colpi di scena.
Onestamente questa scansione della storia programmata al tavolino e anticipata al lettore mi lascia un poco perplessa. La tentazione di stuzzicare la curiosità e la ricerca evidente dello scoop editoriale sono un po’ eccessive e anche la conclusione del romanzo, piuttosto monca e affrettata non mi ha soddisfatta.
Una storia come questa, suggestiva e ben narrata, avrebbe meritato una chiusa migliore e una maggiore attenzione, anche nella forma, ai dettagli.
Dopo diversi libri di successo, tra cui L’amore molesto e I giorni dell’abbandono, dai quali sono stati tratti film di notevole interesse, torna a noi Elena Ferrante con un nuovo romanzo, L’amica geniale.
Ma chi è dunque questa autrice che da circa vent’anni scrive sotto pseudonimo delle belle storie di donne, ambientate prevalentemente a Napoli? Molte sono le ipotesi finora avanzate, diversi i nomi suggeriti, ma senza un reale riscontro. Fatta salva l’origine partenopea, che la conoscenza del dialetto e dell’ambiente evidenziano chiaramente, si è anche pensato che si trattasse di un uomo sotto mentite spoglie; Domenico Starnone o Goffredo Fofi, i nomi più accreditati.
Se fossi io a dover fare un’identikit sosterrei però l’identità femminile; posso sbagliarmi, ma secondo me si tratta di una donna sulla sessantina, cresciuta a Napoli, ma vissuta poi altrove. Forse, invece di Starnone, sua moglie Anita Raja corrisponderebbe meglio al profilo tracciato.
Chiunque sia la misteriosa scrittrice che si nasconde dietro il nome di Elena Ferrante, ciò che conta davvero però è il risultato del suo lavoro, come lei stessa dichiarò in una vecchia intervista: “ Pubblica è l’opera; lì c’é tutto quello che abbiamo da dire. Oggi a chi importa veramente della persona che l’ha scritta? L’essenziale è il lavoro fatto.”
La trama di questo libro è semplice, ma si dipana lentamente, arricchita dalla presenza di numerosi personaggi minori, ritratti e seguiti con cura nel fluire del tempo.
Siamo a Napoli, ai primi anni ’50, in un rione periferico e popolare, lontano anni luce dai negozi eleganti di via Toledo e dal traffico di Chiaia. Si vive come in un paese, dove tutti si conoscono a da cui si esce solo in casi eccezionali, ma anche lì qualcosa si sta muovendo: la ricostruzione del dopoguerra stimola affari e commerci, il boom economico è alle porte e i più furbi sono pronti ad approfittarne.
In questo ambiente crescono Elena e Lila, unite da un’amicizia destinata a durare tutta la vita.
L’autrice ce le presenta bambine e le segue per tutta l’adolescenza fino ai sedici anni, quando il romanzo s’interrompe per darci appuntamento tra qualche mese, con la seconda puntata di questa saga che si preannuncia lunga.
Elena, voce narrante del libro, inizia a raccontare partendo dai giorni di scuola, quando la sua amica Lena brillava per intuito e capacità di apprendimento. Ci descrive il mondo chiuso dei bimbi di borgata, l’ambiente esterno dominato da figure maschili spesso ostili e violente, la mentalità ristretta e bigotta che vige nelle famiglie. Parla di un luogo difficile, in cui si sta diffondendo un malcostume sordido e crudele. È la camorra, che non viene però mai indicata col suo vero nome (perchè? mi viene da chiedere all’autrice). Eppure esistono legami famigliari e di amicizia che in certi casi aiutano a uscire dal ghetto e a trovare strade alternative.
Lo studio è la via più sicura da seguire e sarà quella scelta da Elena per lasciare il quartiere. L’anticonformista Lila invece ripiegherà su un matrimonio precoce che sembra agli antipodi del suo stile di vita. Almeno per il momento... perchè da alcuni brani del romanzo si può già intuire che in futuro ci attendono colpi di scena.
Onestamente questa scansione della storia programmata al tavolino e anticipata al lettore mi lascia un poco perplessa. La tentazione di stuzzicare la curiosità e la ricerca evidente dello scoop editoriale sono un po’ eccessive e anche la conclusione del romanzo, piuttosto monca e affrettata non mi ha soddisfatta.
Una storia come questa, suggestiva e ben narrata, avrebbe meritato una chiusa migliore e una maggiore attenzione, anche nella forma, ai dettagli.