M.R. Cutrufelli - I bambini della ginestra
19/maggio/2012
Frassinelli,
Milano, 2012, euro 18,50.
Portella della Ginestra I maggio 1947 - il Sasso Barbato 1972. Nell’arco di questi 25 anni si snoda questo romanzo, in cui il racconto di una vicenda privata si lega strettamente al fluire di vicende pubbliche. Dall’una si dipanano le altre, in un intreccio spontaneo e avvincente.
Non sarebbe stato possibile infatti parlare della Sicilia del dopoguerra senza affrontare il nodo irrisolto della strage di Portella della Ginestra, la prima di tante stragi di stato che hanno insanguinato il nostro paese. Dall’intreccio tra mafia e politica che si stabilì allora, dalle connivenze, le colpevoli omissioni, gli scambi di favori, derivarono poi i malanni che da decenni turbano la vita politica e civile dell’isola.
In questo ambiente si sviluppa la storia di Enza e Lillo, prima bambini, poi adolescenti infine giovani adulti, che in quel tragico I maggio del 1947, assistono alla strage. Nella piana inondata dal sole, a migliaia contadini braccianti e anche diversi borghesi si sono riuniti per festeggiare. Le bandiere rosse sventolano allegre, ma presto quel rosso diverrà solo il colore del sangue. Sparano dalle alture circostanti, un agguato organizzato alla grande, non solo con lupare e fucili, ma con mitragliette e anche bombe a mano. Sembra che sia ritornata la guerra.
Sparano sulle persone che cadono a terra a decine, ma anche sugli animali, sui cavalli e l’urlo straziante di un cavallo morente rimarrà per sempre nel cuore di Lillo accanto all’immagine del corpo di suo padre, sbattuto sui cuscini pungenti delle ginestre.
La piccola Enza invece é in ritardo; qualche centinaio di metri la separa dal punto di ritrovo, quando vede passare in lontananza, sul versante opposto delle colline, una fila di uomini armati, una decina di persone in processione simili ad una fila di formiche.
Si fermano, si appostano e poi si scatena la violenza.
Questi sono gli eventi che segnano la vita dei due giovani protagonisti che reagiscono al lutto in diverse maniere e subiscono diversi destini. Lui ha visto il corpo di suo padre ucciso, lei ha riconosciuto alcuni degli assassini, ma tace per paura di ritorsioni. Enza, di estrazione borghese e benestante seguirà la famiglia a Palermo entrando poi a lavorare nella farmacia di suo padre. Lillo resterà, ma dopo qualche anno si trasferirà a Roma per proseguire gli studi. Entrambi non torneranno più a rivedere la piana del massacro, entrambi aspetteranno invano per anni che la Stato faccia giustizia, sempre rimanendo in contatto per lettera, senza più incontrarsi.
Eppure in questo che é anche un romanzo di formazione, il pessimismo viene alla fine sconfitto dalla volontà di vivere comunque al meglio la propria esistenza. Maturando Lillo conquista l’indipendenza economica, la sicurezza nei propri mezzi, la coscienza del proprio valore e sceglie di tornare in Sicilia, coinvolgendo infine anche Enza in questa rinascita. Un bildungsroman con un lieto fine, che é anche il modo scelto dall’autrice per ribadire il concetto che non tutto é perduto, che anche in Sicilia e più in generale in tutto il nostro paese esistono sprazzi di luce, possibilità di progresso. Certo la fiducia nelle istituzioni vacilla (a buon ragione) in tante pagine di questo libro, ma la fede nelle capacità degli uomini resta intatta.
C’é nel ritorno del protagonista una metafora del desiderio della autrice di ritrovare le proprie origini; l’amore per la Sicilia nei suoi aspetti migliori traspare con immediatezza in molte pagine e la figura di Nicola Barbato, il medico socialista che parlava di politica, ma anche di poesia ai contadini analfabeti ne é il simbolo più chiaro. Quasi con un atto dovuto alla terra che le ha dato i natali, ne sottolinea la capacità di rigenerarsi e di dar vita a esperienze positive.
Possiamo quindi riconoscere due piani di scrittura: uno di carattere storico-politico, che evidenzia un accurato lavoro di ricerca delle fonti, e l’altro fantastico-personale.
La lettura dei giornali dell’epoca, le citazioni e i rimandi alla stampa, danno al lettore un vivido quadro della situazione politica italiana del periodo e la ricostruzione del processo di Viterbo che vide alla sbarra molti degli esecutori del delitto, mandati poi assolti per mancanza di prove, é asciutta e precisa, visibilmente basata su documenti originali.
I bambini della Ginestra é quindi una lettura coinvolgente e istruttiva che unisce alla piacevolezza del romanzo la ricchezza dell’informazione su un periodo storico a noi vicino, ma ignoto ai giovani e anche dagli anziani in gran parte dimenticato.
Milano, 2012, euro 18,50.
Portella della Ginestra I maggio 1947 - il Sasso Barbato 1972. Nell’arco di questi 25 anni si snoda questo romanzo, in cui il racconto di una vicenda privata si lega strettamente al fluire di vicende pubbliche. Dall’una si dipanano le altre, in un intreccio spontaneo e avvincente.
Non sarebbe stato possibile infatti parlare della Sicilia del dopoguerra senza affrontare il nodo irrisolto della strage di Portella della Ginestra, la prima di tante stragi di stato che hanno insanguinato il nostro paese. Dall’intreccio tra mafia e politica che si stabilì allora, dalle connivenze, le colpevoli omissioni, gli scambi di favori, derivarono poi i malanni che da decenni turbano la vita politica e civile dell’isola.
In questo ambiente si sviluppa la storia di Enza e Lillo, prima bambini, poi adolescenti infine giovani adulti, che in quel tragico I maggio del 1947, assistono alla strage. Nella piana inondata dal sole, a migliaia contadini braccianti e anche diversi borghesi si sono riuniti per festeggiare. Le bandiere rosse sventolano allegre, ma presto quel rosso diverrà solo il colore del sangue. Sparano dalle alture circostanti, un agguato organizzato alla grande, non solo con lupare e fucili, ma con mitragliette e anche bombe a mano. Sembra che sia ritornata la guerra.
Sparano sulle persone che cadono a terra a decine, ma anche sugli animali, sui cavalli e l’urlo straziante di un cavallo morente rimarrà per sempre nel cuore di Lillo accanto all’immagine del corpo di suo padre, sbattuto sui cuscini pungenti delle ginestre.
La piccola Enza invece é in ritardo; qualche centinaio di metri la separa dal punto di ritrovo, quando vede passare in lontananza, sul versante opposto delle colline, una fila di uomini armati, una decina di persone in processione simili ad una fila di formiche.
Si fermano, si appostano e poi si scatena la violenza.
Questi sono gli eventi che segnano la vita dei due giovani protagonisti che reagiscono al lutto in diverse maniere e subiscono diversi destini. Lui ha visto il corpo di suo padre ucciso, lei ha riconosciuto alcuni degli assassini, ma tace per paura di ritorsioni. Enza, di estrazione borghese e benestante seguirà la famiglia a Palermo entrando poi a lavorare nella farmacia di suo padre. Lillo resterà, ma dopo qualche anno si trasferirà a Roma per proseguire gli studi. Entrambi non torneranno più a rivedere la piana del massacro, entrambi aspetteranno invano per anni che la Stato faccia giustizia, sempre rimanendo in contatto per lettera, senza più incontrarsi.
Eppure in questo che é anche un romanzo di formazione, il pessimismo viene alla fine sconfitto dalla volontà di vivere comunque al meglio la propria esistenza. Maturando Lillo conquista l’indipendenza economica, la sicurezza nei propri mezzi, la coscienza del proprio valore e sceglie di tornare in Sicilia, coinvolgendo infine anche Enza in questa rinascita. Un bildungsroman con un lieto fine, che é anche il modo scelto dall’autrice per ribadire il concetto che non tutto é perduto, che anche in Sicilia e più in generale in tutto il nostro paese esistono sprazzi di luce, possibilità di progresso. Certo la fiducia nelle istituzioni vacilla (a buon ragione) in tante pagine di questo libro, ma la fede nelle capacità degli uomini resta intatta.
C’é nel ritorno del protagonista una metafora del desiderio della autrice di ritrovare le proprie origini; l’amore per la Sicilia nei suoi aspetti migliori traspare con immediatezza in molte pagine e la figura di Nicola Barbato, il medico socialista che parlava di politica, ma anche di poesia ai contadini analfabeti ne é il simbolo più chiaro. Quasi con un atto dovuto alla terra che le ha dato i natali, ne sottolinea la capacità di rigenerarsi e di dar vita a esperienze positive.
Possiamo quindi riconoscere due piani di scrittura: uno di carattere storico-politico, che evidenzia un accurato lavoro di ricerca delle fonti, e l’altro fantastico-personale.
La lettura dei giornali dell’epoca, le citazioni e i rimandi alla stampa, danno al lettore un vivido quadro della situazione politica italiana del periodo e la ricostruzione del processo di Viterbo che vide alla sbarra molti degli esecutori del delitto, mandati poi assolti per mancanza di prove, é asciutta e precisa, visibilmente basata su documenti originali.
I bambini della Ginestra é quindi una lettura coinvolgente e istruttiva che unisce alla piacevolezza del romanzo la ricchezza dell’informazione su un periodo storico a noi vicino, ma ignoto ai giovani e anche dagli anziani in gran parte dimenticato.